Quest’estate ho trascorso un paio di settimana al mare e sono stata tentata più di una volta di provarlo. In realtà il mio sogno nel cassetto resta il surf, ma l’idea di poter in qualche modo salire sulla tavola, prenderci confidenza e migliorare il mio equilibrio per poi un giorno cavalcare le onde come nel film Point Break - lo ammetto - mi stuzzica parecchio. Di che cosa sto parlando? Ovviamente del SUP, acronimo di Stand Up Paddle, una delle attività acquatiche più quotate del 2016. Uno sport da praticare esclusivamente outdoor, ho sempre pensato, fino a quando non ho ricevuto da parte di Virgin Active (azienda leader a livello internazionale nel settore dei centri fitness e benessere) l’invito a prendere parte alla prima lezione di SUP organizzata in piscina. Con qualche perplessità ma soprattutto con tanta curiosità, ho accettato la proposta e – ora posso affermarlo – non me ne sono affatto pentita.

Ad accogliere me e un ristretto gruppo di blogger e giornaliste appassionate di sport presso il club Virgin Active Milano Kennedy c’era la top trainer Sayonara Motta (una vera autorità nel mondo del fitness) che dopo averci dato qualche informazione sulla tipologia degli esercizi che saremmo andate di lì a poco ad eseguire, ci ha invitate a prendere posizione sulle tavole. A differenza delle acque libere, in piscina niente pagaie e ancoraggio a bordo vasca attraverso una fune.

La lezione ha avuto inizio con una serie di esercizi di respirazione e riscaldamento per poi proseguire con movimenti ripresi dallo Yoga e dal Pilates. Tenute isometriche, piccoli spostamenti sui vari piani che, per quanto semplici, richiedevano concentrazione e impegno: l’instabilità creata della tavola che si muove sull’acqua obbliga infatti al reclutamento della muscolatura profonda al fine di mantenere l’equilibrio. “Uno dei benefici principali di questo programma di allenamento consiste proprio nel maggior coinvolgimento, sviluppo e rafforzamento del core – ha spiegato Sayonara - l’apparato muscolare della parte inferiore del tronco che ha un ruolo centrale per l’omeostasi dell’organismo”.

Mi sono subito resa conto che, a differenza di altre attività, il SUP indoor non è per tutti: è necessario un minimo di allenamento per riuscire a non finire in acqua, anche se l’intensità del lavoro – come sottolineato dalla trainer - viene calibrata in base alle capacità ed al livello dei partecipanti alla classe.

La lezione dura circa 45 minuti e si conclude con qualche esercizio di stretching. Nella gallery qui sotto puoi vedere alcuni momenti della training session (compresi gli inevitabili scherzi finali, perchè SUP è anche un’occasione di divertimento e gioco).

 

“Lo Stand Up Puddle affonda le sue radici nell’antica cultura hawaiiana. Stando all’analisi dei diari dell’esploratore inglese James Cook, primo europeo a sbarcare alle Hawaii, già nel 1778 alcuni nativi dell’isola pagaiavano in posizione eretta su grosse tavole per cavalcare le onde. Se inizialmente questa attività rappresentava un passatempo, negli anni ’70 iniziò ad essere invece identificata come sport, grazie ad alcuni surfisti che la adottarono, affiancandola al surf tradizionale. Intorno al 2010 una ragazza californiana iniziò a praticare Yoga su una tavola da longboard: da qui l’idea di portare il SUP inodoor” ci ha raccontato al termine della lezione Sayonara Motta, che insieme con la trainer Marta Belezo ha messo a punto il programma da noi testato e forma i futuri istruttori.“I programmi su cui stiamo lavorando sono tre: SUP Pilates e SUP Yoga che riprendono le dinamiche e i movimenti delle due discipline olistiche trasponendoli sulla tavola, e SUP training, il programma più dinamico e atletico, che si rifà invece al functional training.

Anche questa volta esco dalla palestra con un bel sorriso stampato sulle labbra e la voglia di ripetere l’esperienza.

N.B.: se anche tu vuoi metterti alla prova sulla tavola, potrai farlo a partire da novembre presso il club Virgin Active Milano Kennedy (Via Alcide de Gasperi 2). Tutti i contatti QUI.

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